Con la promozione della Reggiana in cadetteria è arrivato anche l’ultimo verdetto della “mutilata” stagione 19/20 di Serie C, che seppur a ritmo lento e ondivago è riuscita a chiudersi tra mille difficoltà. Dando un rapido sguardo alle ultime annate, ci si può rendere bene conto che l’emergenza coronavirus è stata soltanto uno degli ultimi mali di un torneo, già “contagiato” da diversi altri organismi patogeni.
Puntuale come l’anticiclone africano, ecco che appena effettuato il triplice fischio dell’ultima gara, per alcune società si sono chiuse le porte del prato verde e si sono aperte quelle dei tribunali, dove ci si gioca il futuro a colpi di ricorsi e istanze; qui gli avvocati diventano protagonisti, mentre nelle stanze dei bottoni della Serie C si studiano sedicenti riforme, che con ogni probabilità slitteranno al prossimo anno (come sempre).
Intanto si è decisa la data di partenze dalla prossima stagione, ovvero il 27 settembre, che appare però meramente indicativa, in quanto non si conosce ancora il giorno di composizione dei gironi e calendari. Agli occhi dei tifosi è ancora più preoccupante la totale incertezza riguardo i futuri iscritti ad un torneo che, per i proprietari dei club, si sta rivelando sempre più un “vuoto a perdere”.
Il presidente Francesco Ghirelli vuole mantenere il “classico” format a 60 squadre, ma è facile prevedere un bel po’ di caos al momento delle iscrizioni: i parametri saranno rigidi come da regolamento, ma è scontato che la crisi post Covid lascerà strascichi, i cui effetti si vedranno più avanti. Ad esempio, le retrocesse de iure, Gozzano e Rimini, hanno già attraversato le forche caudine dei ricorsi, vedendosi sbattere la porta in faccia prima dal CONI e poi dal TAR; una vera e propria doccia fredda per due compagini che in una situazione normale avrebbero avuto più di 30 punti a disposizione per giocarsi la salvezza sul campo (sulla decisione del Consiglio Federale ci soffermeremo dopo). Eppure, dal momento in cui il Governo ha accordato alla FIGC un canale sommario a livello giudiziale, i verdetti del Consiglio Federale sono diventati rapidi e inattaccabili.
Quest’anno chi pensa che la “minaccia ricorsi” sia una peculiarità tipicamente estiva si sbaglia, in quanto tutti i verdetti sono stati condizionati dalla paura di passare più tempo nelle aule giudiziarie che negli spogliatoi. «Alla luce di quanto emerso dall’ Assemblea di Lega Pro, con particolare riferimento alla proposta da porre all’attenzione del Consiglio Federale per l’individuazione della quarta promossa in Serie B, ritengo inaccettabile il criterio suggerito della ‘media punti’, avendo le squadre interessate giocato un diverso numero di partite». Queste erano le prime parole di un comunicato ufficiale del Bari resonoto ad inizio maggio che terminava così: «L’SSC Bari, sia chiaro, è pronta a difendere le proprie ragioni e i propri diritti in tutte le sedi opportune».
Allora il problema era la promozione del Carpi in serie B tramite la tanto vituperata ‘media punti’, soluzione ovviamente singolare, ma matematicamente meritocratica e figlia di un periodo in cui i contagi avanzavano e la Protezione Civile faceva la conta delle vittime ogni pomeriggio; mesi di incertezza assoluta che avevano già minato pesantemente la già fragile Serie C. Così la prospettiva di ricorrere alle “opportune sedi” ha fatto tremare i vertici della categoria, che da quel giorno si è dimostrata più frammentata che mai; nel mentre, insorgevano i medici sociali dei club, che non ritenevano plausibile il ritorno in campo.
«Non esiste una soluzione che possa accontentare tutti» tagliava corto il presidente Ghirelli, a metà tra un pompiere e Ponzio Pilato, rimasto solo in balia di onde più alte di lui (Gravina docet). Di fronte a queste acque agitate, oltre che spaccata, la Serie C si è scoperta ulteriormente depotenziata.
Si è scelta quindi una via di mezzo, per cui il Consiglio Federale ha scritto un finale di stagione da thriller: prime e ultime dei rispettivi gironi promosse e retrocesse d’ufficio, poi play off e play out per tutti. Non passi inosservato il fatto che alcuni club abbiano deciso di non affrontare queste gare post-season, come l’Arezzo che si è tirato subito fuori dalla bagarre. Già, perché in tutto questo faticoso lavoro di accontentare tutti e nessuno, le tanto sbandierate riforme sono scivolate in fondo alla pila di protocolli. Esatto: le riforme? Non erano all’ordine del giorno? La sensazione è che il tavolo sia stato rimandato, per l’ennesima volta, di qualche mese.
In effetti il lockdown ci ha costretti a stare a casa, ma quantomeno ci aveva dato la possibilità di avere tempo. La Serie C l’ha sfruttato, è vero, ma in che modo? Uno studio reso noto dalla European Club Assosiacion (ECA) riesce a fornirci un’impietosa fotografia dello stato di salute dei campionati europei: crollo di 1,5 miliardi di euro nella stagione appena finita, a fronte di uno da almeno 2 miliardi nella prossima; una analisi che riguarda dieci tornei di alto livello, ma che in proporzione ben si adatta anche alle serie “minori”. Qui, uno dei massimi rischi sarà la crescente incidenza della forza lavoro sul bilancio, ovvero l’impatto in percentuale degli ingaggi dei calciatori sul fatturato complessivo di una società.
In particolare, più si scende, più la percentuale aumenta. Ecco perché non è fuori dal mondo l’idea che in Serie C si possa arrivare all’80% o anche oltre: numeri insostenibili per qualsiasi azienda. Forse durante la quarantena sarebbe stato meglio analizzare e programmare una sostenibilità della serie, spingendo sull’acceleratore verso il semi-professionismo o una qualche forma alternativa di defiscalizzazione, piuttosto che arrovellarsi su altro. Fatto sta che ora la corsa non è finita e c’è bisogno che tutti si rendano conto del rischio corrente e della necessità di una soluzione da trovarsi oggi, non domani né dopodomani; altrimenti tra pochissimo dovremo affrontare la (ahinoi) solita moria estiva di società, luttuosa ricorrenza che si ripeterebbe per l’ennesimo anno.
Nell’immediato, e più precisamente il 4 agosto, la FIGC dovrà decidere quali saranno i parametri per il completamento degli organici dei vari campionati in termini di riammissioni, dopodiché si dovrà riflettere anche sui ripescaggi delle società aventi diritto oggi in D; in contemporanea, scatterà anche l’iter per la presentazione delle domande d’inscrizione. L’appuntamento successivo sull’agenda sarà il 27 agosto, quando si dovrebbe tenere il Consiglio Federale, al termine del quale saranno definiti gli organici dei vari campionati.
L’intenzione è di non andare oltre i primi giorni di settembre con la pubblicazione dei calendari, ma se possibile si cercherà di stilare il tutto lunedì 31 agosto; in questo modo le società avranno quasi un mese di tempo per iniziare a lavorare sulla logistica, e su tutto ciò che serve per un campionato impegnativo e dispendioso come quello di Serie C.
Tuttavia, anche in quest’ambito niente è stato deciso e se ne riparlerà più avanti, tanto per cambiare. Nel frattempo qualche società inizia a scricchiolare, come ad esempio ha fatto capire (ultimo in ordine di tempo) il presidente del Potenza Calcio, Salvatore Caiata, che ha recentemente consegnato il club in mano alla Regione e al Sindaco, constatata l’impossibilità economica di proseguire nella terza serie nazionale.
La triste verità è che la Serie C ad oggi non conviene a nessuno, nemmeno al pubblico pagante, il cui ritorno negli stadi non è stato minimamente toccato finora dagli organi federali. Un ulteriore segnale di distaccamento da parte dei vertici di una categoria che vive, o almeno dovrebbe, sulla passione delle realtà territoriali: queste vengono lasciate in un deserto dove trovare un po’ di refrigerio diventa sempre più arduo, e le oasi sono oggi nient’altro che miraggi.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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