Quartieri Spagnoli, Napoli. Maradona. Il murales. La corona della Roma. Bruno Conti inginocchiato in preghiera con le lacrime a rigargli il volto protetto dalla mascherina. Un'emozione. Forte, vera, intensa. E «le emozioni sono tutto quello che abbiamo». Firmato Paolo Sorrentino, napoletano, scrittore, regista, un Oscar all'occhiello per "La grande bellezza", un capolavoro con protagonista la nostra città. Quell'Oscar Sorrentino, sul palco di Hollywood, con quella statuetta in mano, lo dedicò a Diego Armando Maradona. L'argentino, come il regista ha ricordato in più di un'occasione, gli ha salvato la vita, lui sedicenne che ebbe il permesso di andare a seguire il Napoli di Diego in trasferta, a Empoli, non andando, come faceva sempre nei fine settimana, con i suoi nella casa che avevano a Roccaraso. Quel fine settimana i suoi genitori morirono in casa per le esalazioni di una stufa.
Emozioni forti quelle sentite sulla pelle quella sera a Los Angeles. Così come quella provata ieri quando Bruno Conti si è presentato a Napoli per rendere omaggio al suo amico Diego Armando Maradona. Era atteso Bruno. Quartieri Spagnoli, il cuore di Napoli, sono le tredici e trenta di una domenica dominata nel capoluogo campano, e non solo, dalla tristezza che ha colpito un po' tutti da quando dall'Argentina si è diffusa nel mondo la notizia che Diego Armando Maradona se ne era andato da qualche altra parte a prendere a calci un pallone come sapeva fare soltanto lui.
Conti era arrivato a Napoli insieme alla squadra. Aveva pranzato nell'albergo che ha ospitato i giallorossi nelle ore precedenti al trasferimento verso lo stadio Diego Armando Maradona. Intorno alle tredici Bruno ha chiamato un taxi e accompagnato dal capo delle relazioni esterne Luca Pietrafesa e dal responsabile della sicurezza Gianluca Gombar, si è diretto verso i Quartieri Spagnoli. Per l'esattezza a via De Deo dove, dal 1990, campeggia un enorme murale dedicato al Diez vestito con la maglia del Napoli con il tricolore appena vinto, il secondo della sua straordinaria avventura calcistica sotto il Vesuvio.
Era piena di gente via De Deo, sotto quel murales che è stato restaurato quattro anni fa, non senza problemi visto che sopra il viso originario di Diego qualcuno aveva pensato bene di aprire una finestra abusiva. Bruno è sceso dal taxi, si è diretto verso un pullmino che aveva caricato l'omaggio della Roma, una corona rettangolare, il prato di un campo e sopra un dieci disegnato con rose bianche.
L'ha presa ed è andata a deporla sotto il murale, tra centinaia di persone che gli hanno dedicato anche qualche coro e decine di fotografi che volevano immortalare il momento. Bruno poi ha fatto qualche passo indietro, si è rigirato verso Diego e si è inginocchiato, occhi chiusi, in una preghiera rigata dalle lacrime. Un'immagine che ha regalato un'emozione pura. Poi Conti è risalito in taxi dirigendosi nuovamente verso l'albergo della squadra.
Tutto vero, sentito, autentico, come lo era l'amicizia che c'era tra il fuoriclasse di Nettuno e l'immenso argentino. Si erano conosciuti prima in campo, da avversari, affrontandosi sempre con il massimo rispetto, consapevoli di saper prendere a calci un pallone come pochissimi altri. Diego provò pure a portarlo a Napoli, Bruno. Conti in quei giorni stava discutendo, piuttosto animatamente come gli succedeva sempre quando doveva rinnovare il contratto, con il presidente Viola a proposito del suo futuro. Maradona gli disse, «ma perché non vieni a Napoli a giocare con me?». Bruno non ha mai nascosto di essere stato tentato, «solo per Diego avrei potuto lasciare la Roma», ma poi scelse, come ha sempre fatto nella sua carriera, di rimanere vestito di giallorosso.
La conferma più evidente di un'amicizia che non era soltanto di facciata, c'è stata poi ne 2005, quando Bruno si era seduto sulla panchina della Roma in quell'anno horribilis dei cinque tecnici e di una salvezza raggiunta alla penultima giornata di campionato vincendo sul campo dell'Atalanta. In quell'anno, comunque, Bruno era riuscito a portare la squadra in finale di coppa Italia. Avversaria l'Inter che in quegli anni comandava il nostro calcio. Nella vigilia di quella finale, dieci giugno, nella solita conferenza stampa del giorno prima, Bruno Conti si accomodò in sala stampa e sorprese la platea, «oggi vi voglio presentare il nostro nuovo acquisto per la prossima stagione». In quel momento entrò Diego. Baci, abbracci, sorrisi.
Una visita quella di Maradona, che a Trigoria con la sua Argentina aveva trascorso tutto o quasi il periodo del Mondiale del '90, che era stata suggerita e organizzata da David Rossi (oggi a Roma Radio e Roma tv) e Salvatore Bagni che all'epoca era l'opinionista della trasmissione radiofonica di Rossi. Maradona in quei giorni era a Roma, gli dissero di andare a Trigoria e Diego fu felice di poter andare a salutare il suo amico Bruno Conti.
Autore: Redazione TuttoPotenza / Twitter: @tuttopotenza
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